Gli aspetti civilistici delle associazioni sportive dilettantistiche
Sommario: 1) Associazioni (riconosciute e non
riconosciute) e società: caratteri distintivi. 2) La costituzione di
un’Associazione - Atto costitutivo e adempimenti relativi. 3) Lo statuto di
un’Associazione sportiva dilettantistica – Particolarità.
1)
Associazioni
(riconosciute e non riconosciute) e società: caratteri distintivi.
(1)
associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli
artt.36 e ss. del codice civile;
(2)
associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai
sensi del regolamento di cui al DPR 10.02.2000 n.361;
(3)
società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le
disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di
lucro...”
La differenza principale tra associazione
riconosciuta e non riconosciuta discende essenzialmente dal
“riconoscimento” e perciò dalla personalità giuridica. Con il riconoscimento
l’associazione diventa punto di riferimento non solo dell’attività dei suoi
organi, ma anche degli effetti di quella attività. Ed il fenomeno trova la sua
spiegazione formale nell’esistenza di un vero e proprio soggetto dotato
dall’ordinamento di capacità giuridica generale. L’associazione non
riconosciuta, invece, non ha personalità giuridica propria. Anche la sua
soggettività giuridica è stata a lungo posta in dubbio.
Conseguentemente,
diversa è la disciplina giuridica dell’associazione riconosciuta rispetto a
quella dell’associazione non riconosciuta e tale diversità trova il suo nucleo
centrale nel differente regime di responsabilità. Le associazioni non
riconosciute si caratterizzano per il regime di responsabilità, che origina dal
disposto di cui all’art.38, a tenore del quale “delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le
persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.” Nelle
associazioni riconosciute, invece, (art.18, 1° comma) “gli amministratori sono responsabili verso l’ente” e non verso i terzi
“secondo le norme del mandato.”
Per la ricerca dei caratteri
distintivi tra associazione e società sportive dilettantistiche occorre
necessariamente partire dall’esame delle norme del codice civile. Gli
artt.14-42 c.c. disciplinano le associazioni (distinguendo quelle riconosciute
da quelle non riconosciute), ma non forniscono una definizione del concetto di
associazione. L’art.2247 c.c., invece, individua la nozione di società, in quel
contratto con cui “due o più persone conferiscono beni o servizi per
l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli
utili”.
In assenza di della definizione
codicistica di associazione, la dottrina ha ritenuto che – nell’ambito di un
fenomeno associativo allo stato diffuso, che ricomprende sia la società che
l’associazione – sussistano due fenomeni associativi tipici: quello delle
associazioni del libro I e quello delle società. Pertanto, la società più che
una species del genus associazione di cui al libro I, viene considerata un
fenomeno tipologico da questa distinto o addirittura a questo contrapposto. In altri termini, la
società sarebbe un’associazione che si caratterizza per il fatto di essere
creata per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di
dividerne gli utili, mentre (ragionando a contrario) l’associazione (riconosciuta e non riconosciuta) di cui al libro I del codice
civile, non svolge attività economica allo scopo di dividerne gli utili, ma è
creata per l’esercizio di un’attività non lucrativa, per uno scopo cioè, che
può essere anche ideale.
In entrambi gli enti, elementi
fondamentali sono:
1.
anzitutto, un elemento
personale;
2.
in secondo luogo un elemento
patrimoniale, poiché l’attività dei suoi partecipanti si trasforma
necessariamente in rapporti economici.
Ciò che differenzia i due enti,
invece, è l’elemento spirituale, ossia lo scopo che in
entrambi deve essere determinabile e lecito ma nelle società deve essere lucrativo ovvero mutualistico, mentre nelle
associazioni deve essere non economico, ancorché possa essere conseguito
attraverso l’esercizio di un’attività economica.
Al riguardo la Cassazione ha precisato che la finalità di ottenere guadagni attraverso l’esercizio di
un’attività economica costituisce la causa del contratto di società ex art.2247
c.c., e che si tratta di una causa complessa, composta di due elementi: (i) il
conseguimento di utili e (ii) la ripartizione di utili tra i soci. Consegue che
per esservi “impresa” è sufficiente il cd. lucro oggettivo e cioè che
l’attività sia organizzata in modo da produrre utili, mentre per aversi
“società” dev’esserci la presenza del lucro cd. soggettivo, cioè la divisione
degli utili tra i soci. In caso di assenza del lucro soggettivo, poi, secondo
la Suprema Corte, sarebbe sempre possibile la conversione del contratto di
società in quello di associazione non riconosciuta.
Possiamo perciò definire:
1.
la società come quell’ente costituito da due o più
persone che hanno conferito beni o servizi per l’esercizio in comune di
un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili.
2.
l’associazione come quell’organizzazione stabile di persone che, con un atto di autonomia
negoziale, si sono impegnate a perseguire un interesse comune non economico (e perciò,
culturale, ideale e/o sportivo).
Ai fini fiscali tale distinzione,
però, non è esauriente.
Il legislatore tributario
distingue i soggetti passivi di imposta più che sulla base del diverso fine
istituzionale, sulla base della natura (commerciale/non commerciale)
dell’attività svolta.
L’art.73 del TUIR,
infatti, individua i soggetti tenuti a corrispondere l'imposta sul reddito delle società differenziando:
a) le società per azioni e in
accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società
cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello
Stato;
b) gli enti pubblici e privati
diversi dalle società (tra i quali sono compresi anche, oltre alle persone
giuridiche, le associazioni non riconosciute), residenti nel territorio dello
Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività
commerciali;
c) gli enti pubblici e privati
diversi dalle società (tra i quali sono compresi anche, oltre alle persone
giuridiche, le associazioni non riconosciute), residenti nel territorio dello
Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di
attività commerciali;
d) (omissis..).
Il successivo art.148 TUIR, con riferimento agli enti associativi, precisa che “Non è considerata
commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in
conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e
dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli
associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non
concorrono a formare il reddito complessivo. …”. I commi successivi
individuano una serie di attività che sono ex lege considerate “effettuate
nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo
del comma 1 dell'articolo 143” e la previsione del particolare regime
impositivo di favore per le associazioni sportive dilettantistiche.
L’art.90 comma 17 della L.
289/2002, nel riconoscere che l’esercizio dell’attività sportiva
dilettantistica possa essere posto in essere anche da enti che assumono la
veste di società di capitali e che possono perciò godere del medesimo regime
fiscale dettato per gli enti associativi, non ha curato il coordinamento tra i
due istituti. La circostanza ingenera il dubbio che non sia sufficiente
differenziare le società e le associazioni sportive dilettantistiche sulla base
del solo elemento ideale (lo scopo lucrativo/non lucrativo).
In particolare, l’art. 90 citato,
prevede che lo statuto delle società sportive dilettantistiche debba contenere
l’assenza di fine di lucro e la previsione che i proventi delle attività non
possono in nessun caso essere divisi tra gli associati, anche in forme
indirette.
Il modello della società sportiva
dilettantistica delineato dal legislatore fiscale, lascia intravedere, dietro
la veste di società di capitali, un ente che non persegue né finalità lucrative
oggettive (e cioè il conseguimento di utili), né finalità di lucro soggettivo
(e cioè la divisione degli utili) e, perciò, sembrerebbe snaturata la stessa
fattispecie tipica della società di capitali.
Si pone, perciò, il problema se
con tale disposizione il legislatore non abbia voluto incidere sulla disciplina
generale delle società andando ad escludere che lo scopo di lucro costituisca
elemento essenziale dell’ente societario, e ci si interroga sul rapporto tra
non lucratività dello scopo e struttura societaria ed in particolare sul
rapporto esistente tra non lucratività degli scopi e commercialità
dell'attività.
Quanto al rapporto tra non
lucratività dello scopo e struttura societaria vale considerare, anzitutto,
che, a fronte della rigorosa previsione dell'art. 2247 c.c. (caratterizzante la
causa stessa del contratto di società), per cui i tipi societari del titolo V
sono ispirati al principio generale della divisione degli utili, nella
legislazione speciale si rinvengono diversi casi in cui è consentito il ricorso
a tipi capitalistici per scopi economici, ma non lucrativi.
Si tratta di fattispecie nelle
quali il legislatore ha privilegiato un elemento di specialità, attinente ai
soci (per esempio nel caso delle società a prevalente partecipazione pubblica)
o all'oggetto sociale (per esempio nel caso delle società sportive), che
giustifica un particolare regime normativo derogatorio alle norme di diritto
comune.
L’orientamento prevalente della dottrina,
ritiene che i caratteri di specialità e di eccezionalità di queste fattispecie
inducano ad escludere che si sia verificato un generale "superamento
del quadro sistematico che si è delineato sulla base del codice civile" e che proprio le frequenti scelte legislative (volte alla progressiva
specializzazione dei tipi societari, mediante il raggiungimento di scopi
ulteriori o differenti rispetto al fine che ne costituisce la causa tipica),
confermano la "neutralità" delle strutture organizzative dei contratti associativi. Si considerano, infatti, eccezionali le leggi speciali
non coordinabili con il diritto comune, quando non abroghino specificamente un
principio dello stesso con norma avente efficacia generale e si ritiene che per
questo motivo il loro ambito di applicazione debba essere rigorosamente
limitato.
Solo parte degli interpreti è giunta a considerare le numerose deroghe all’art. 2247 c.c. come il segno del
tramonto dello scopo lucrativo delle società di capitali, poiché la società di
capitali sarebbe diventata una mera forma che può essere utilizzata per scopi
diversi.
Il problema, per la verità, non è
nuovo al mondo dello sport.
Ed, infatti, già con l’art.22/2°
comma dello Statuto tipo della FIGC era stato fissato il divieto di ripartire gli utili tra i soci e la Cassazione,
con il celebre caso Meroni,
affermò che non sussistevano dubbi sulla natura di impresa dell’attività delle
società professionali di calcio costituite in forma di s.p.a., anche se
regolate da tale Statuto.
La dottrina era divisa tra quanti affermavano che l’esercizio in comune di un’attività economica debba essere
necessariamente completato dal tipo di risultato (utile o guadagno
mutualistico) che le parti si propongono di ottenere e dalla sua destinazione
(egoistica o altruistica) e quanti,
cercando una conciliazione tra causa delle società sportive e causa tipica
della società, hanno escluso che la causa del contratto di società fosse lo
scopo di lucro e ha ritenuto che elemento essenziale sia la gestione collettiva
dell’impresa, poiché l’esistenza dell’impresa è il fulcro che integra la causa
del contratto sociale.
Tra quanti ha rinvenuto la
causa del contratto sociale nello scopo di lucro, vi è chi - cercando una conciliazione tra causa delle società sportive e causa tipica
della fattispecie di cui all’art.2247 c.c. - ne ha allargato la nozione, fino a
comprendere nell’utile societario una serie di vantaggi paraeconomici oltre
alla distribuzione di denaro; e chi ha posto l’accento sul fatto che non sussisterebbe alcuna differenza tra la
distribuzione degli utili ai soci e la devoluzione degli stessi ad un altro
scopo proprio dei soci e che l’art. 2247 c.c. si limiterebbe a garantire
l’appartenenza dei dividendi ai soci, che, proprio in virtù di tale fatto, sono
liberi di statuirne il reinvestimento per scopi comuni.
Vi è stato, poi, chi ha escluso di dover
ricondurre le società sportive nella fattispecie di cui all’art. 2247 c.c. e ha
ritenuto che le società calcistiche avrebbero dovuto essere qualificate come associazioni
atipiche, perché come le associazioni esse perseguono fini (non economici) e
l’attività economica di organizzazione degli spettacoli è solo strumentale al
perseguimento del fine primario non economico.
Poiché, però esse, nella struttura, non rispettano i caratteri
tipologico-organizzativi dell’associazione (ed infatti, l’adozione della forma
società per azioni comporta l’assunzione di una struttura personale chiusa) si
tratterebbe di associazioni atipiche.
A tale linea interpretativa si è accostato, poi,
il pensiero di chi ha ritenuto che, costituendo il lucro soggettivo
la causa del contratto di società, le società per azioni sportive sarebbero
società nulle ex art. 2332 c.c. per mancanza dei requisiti causali tipici
dell'atto costitutivo.
Dalle regole dello Statuto tipo delle società calcistiche, approvato con
delibera F.I.G.C. 16 settembre 1966, risulterebbe, infatti, inequivocabilmente
l’esclusione dello scopo di lucro in senso soggettivo e la natura non economica
dei fini perseguiti (art. 3, primo comma, Statuto tipo)
e, dunque, la mancanza della causa del contratto sociale (art. 1418 c.c.).
Sarebbe, comunque, fatta salva la possibilità di conversione del contratto
nullo in un contratto di altro tipo,
quale quello di associazione.
All’indomani della legge 23.03.1981 n.91, che
aveva riconosciuto la rilevanza economica delle società sportive
professionistiche, imponendo alle stesse la forma della S.p.a. o della S.r.l.
(art.10/1°c) e facendo divieto di distribuire gli utili conseguiti, vi è stato
anche chi ha ritenuto
che tale legge avrebbe disegnato una società di diritto speciale,
caratterizzata da un oggetto particolare (stipulazione di un contratto con
professionisti), una data struttura (s.p.a. o s.r.l.) ed uno scopo non
utilitaristico.
Ora, con le previsioni contenute
nel citato art.90 comma 17 della L. 289/2002, il problema del rapporto esistente tra non lucratività dello scopo e
struttura societaria torna a porsi e, perciò, si solleva nuovamente anche la
questione del rapporto esistente tra norme di diritto comune e disposizioni
contenute nella legge speciale.
Le difficoltà interpretative non paiono essere
state risolte dalla Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E,
che avrebbe dovuto fornire le corrette coordinate applicative del citato art.90
della Legge 289/2002. L’amministrazione finanziaria, infatti, si è limitata ad
enunciare che "L' art. 90, comma 1, della legge n. 289 del 2002 ha
introdotto, come già anticipato, un'importante novità consistente
nell'estensione delle disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e
successive modificazioni, e delle altre disposizioni tributarie riguardanti le
associazioni sportive dilettantistiche <alle società sportive dilettantistiche costituite in
società di capitali senza fine di lucro> e che “Le
società sportive dilettantistiche di capitali senza fine di lucro costituiscono
una nuova categoria soggettiva, individuata ai sensi dell'art. 90 della
legge n. 289 del 2002, destinataria del particolare regime di favore
previsto per le associazioni sportive dilettantistiche. Dette società sono
costituite ai sensi del comma 17, lett. c ), dell'art. 90 <secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle
che prevedono le finalità di lucro.> Anche le società in argomento
devono indicare nella denominazione e ragione sociale la finalità sportiva
dilettantistica e devono redigere lo statuto e l'atto costitutivo
nel rispetto delle disposizioni stabilite dal comma 18. A tal fine valgono le
modalità e i termini previsti dal regolamento da emanarsi ai sensi dello stesso
comma 18 dell'art. 90”. Infine, ha precisato che “in mancanza del
formale recepimento nello statuto o nell'atto costitutivo, nonché in caso di
inosservanza di fatto delle clausole stabilite dai regolamenti emanati ai sensi
del comma 18 dell'art. 90, le associazioni e società sportive dilettantistiche
non possono beneficiare del particolare regime agevolativo ad esse riservato.
Parimenti costituisce condizione per il godimento dei benefici fiscali
l'adozione della denominazione indicata nel citato comma 17 dell'art. 90, che
deve essere utilizzata in tutti i segni distintivi o comunicazioni rivolte al
pubblico”.
Ciò che appare chiaro dalla
interpretazione ministeriale, è che, anche a seguito delle successive
modificazioni legislative, la fattispecie tipo della società sportiva
dilettantistica non è caratterizzata solo dall'oggetto sociale e dalla mancanza
dello scopo di lucro, ma anche da una serie di elementi formali (riconoscimento
del Coni, affiliazione alla Federazione, iscrizione nell'apposito registro
istituito presso il Coni, ecc.) che ne evidenzi "l'appartenenza" ad
un determinato settore.
Più precisamente, il contenuto minimo obbligatorio
richiesto dall’art.90 della Legge 289/2002 e poi dalla Legge 128/2004 è il
seguente:
a)
la denominazione (con riferimento all’attività
sportiva dilettantistica), che deve essere utilizzata in tutti i segni
distintivi o/e comunicazioni rivolte al pubblico;
b)
l’oggetto sociale con riferimento
all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività
didattica;
c)
l’attribuzione della rappresentanza legale;
d)
l’assenza di fini di lucro e la previsione che i
proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli
associati, anche in forme indirette;
e)
le norme sull’ordinamento interno ispirato a
principi di democraticità e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati,
con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società
sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o
cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;
f)
l’obbligo di redazione di rendiconti
economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte
degli organi statutari;
g)
le modalità di scioglimento;
h)
l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del
patrimonio in caso di scioglimento delle società.
A ciò si aggiunga che secondo quanto disposto
dalla citata Circolare Ministeriale n. 21/E/2003 oltre al contenuto minimo
previsto dall’art. 90 della Legge 289/2002 occorre altresì includere negli
statuti delle società sportive dilettantistiche anche quanto riportato al comma
4-quinquies dell’art. 111 del previgente T.U.I.R. (DPR 917/86) oggi comma 8
dell’art. 148 dell’attuale T.U.I.R. per le associazioni sportive
dilettantistiche ed in particolare:
a)
divieto
di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché
fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la
destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b)
obbligo
di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque
causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica
utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta
dalla legge;
c)
disciplina
uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a
garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la
temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli
associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e
le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi
direttivi dell'associazione;
d)
obbligo
di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario
secondo le disposizioni statutarie;
e)
eleggibilità
libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui
all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei
soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione,
criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle
relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per
corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1°
gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo
comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello
nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
f)
intrasmissibilità
della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di
morte e non rivalutabilità della stessa.
Seppur tali norme rivestano rilevanza fiscale, il
loro impatto sulla struttura delle nuove società sportive di capitali non potrà
non avere effetti anche sulle norme di diritto comune. Molteplici, infatti,
sono le questioni che si profilano, in conseguenza delle difficoltà di
coordinamento tra queste norme e quelle riportate nel libro V del codice civile
riguardanti il diritto societario.
Le problematiche più rilevanti derivanti da tale
coordinamento attengono:
a)
alla natura di tale tipologia societaria
b)
alla disciplina della distribuzione di utili e delle operazioni di aumento e riduzione del capitale sociale, nonché
degli eventuali casi di recesso o esclusione del socio;
c)
alla disciplina della cessione delle quote;
d)
alla disciplina del diritto di voto per gli
associati o partecipanti per
l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la
nomina degli organi direttivi.
Limitando l’esame alla questione della natura di tale tipologia societaria ed avendo riguardo anche alle posizioni
interpretative che nel passato si sono occupate delle società sportive
professionali, sembra doversi concordare con quella tesi che ne individua la natura in quella di una associazione atipica.
Sembra cioè doversi negare
rilievo a quella linea di pensiero che riconosce a tali società sportive
dilettantistiche una significativa "specificità", derogatoria di
alcune regole di diritto comune sulle società di capitali, ma comunque
compatibile con la struttura organizzativa tipica dei soggetti del titolo V del
codice civile.
Vale considerare, al riguardo, anzitutto, che la ratio dell’estensione dei benefici
fiscali delle associazioni sportive dilettantistiche alle società sportive di
capitali sembra potersi rinvenire proprio nel sostegno che lo Stato vuol
concedere a tutte le organizzazioni operanti nel settore indipendentemente
dalla forma giuridica rivestita.
Inoltre, giova ricordare che – come osservato in
precedenza - ciò che differenzia le società dalle associazioni, non è tanto
l’elemento personale, né quello patrimoniale, quanto piuttosto, lo
<scopo> che nelle società deve essere lucrativo (ovvero mutualistico),
mentre nelle associazioni deve essere non economico, ancorché possa essere
conseguito attraverso l’esercizio di un’attività economica.
Poiché gli enti di cui all’art. 90 della legge 27
dicembre 2002 n.289 conseguono tutti uno scopo non lucrativo, differenziare le
società e le associazioni sportive dilettantistiche sulla base del solo
elemento ideale (lo scopo lucrativo/non lucrativo) non appare sufficiente.
Ciò che rileva, infatti, sembra essere piuttosto
la struttura unitamente alla natura dell’attività svolta.
Quanto alla struttura, i primi due enti
(associazioni riconosciute e non riconosciute) hanno una struttura aperta,
l’adozione della forma società per azioni comporta, invece, l’assunzione di una
struttura personale chiusa. Pertanto, le associazioni sportive dilettantistiche
costituite in forma di associazione riconosciuta ovvero non riconosciuta
costituiscono modelli associativi tipici, mentre le società sportive
dilettantistiche sono strutture associative atipiche.
Quanto alla natura
(commerciale/non commerciale) dell’attività svolta, giova considerare che, dal
coordinato disposto degli artt.73 e 148 del TUIR, emergono due dati rilevanti:
1)
il primo è che gli enti non
lucrativi sono centri autonomi di imposizione tributaria quando,
indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata e dalla loro forma
giuridica, svolgono un’attività commerciale.
2)
Il
secondo è che nelle associazioni “Non è considerata commerciale l'attività
svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle
finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non
commerciali di tipo associativo. ..”
Consegue che possiamo definire:
a)
l’associazione sportiva
dilettantistica (sia essa riconosciuta o non riconosciuta) quale organizzazione stabile di persone che, con
un atto di autonomia negoziale, si sono impegnate a perseguire uno scopo comune
non economico (sportivo), mediante l’esercizio in comune di
un’attività che può essere anche di natura commerciale in via principale ovvero
in via accessoria/secondaria.
b)
la società sportiva dilettantistica,
quale organizzazione stabile di
persone che, con un atto di autonomia negoziale hanno conferito beni o
servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo comune (non economico) di
sostenere/praticare/diffondere (ecc..) lo sport dilettantistico.
Dall’interpretazione coordinata dell’art.90 della
legge n.289/2002 e degli artt. 73 e 148 del TUIR emerge, però, il
dubbio se possa farsi discendere la “decommercializzazione” delle entrate
derivanti dallo svolgimento dell’attività istituzionale dell’ente sportivo
dilettantistico costituito in forma di società di capitali, posto che per le
società di capitali vale il principio di attrazione a “reddito commerciale
d’impresa” di tutti i propri ricavi.
Secondo l’interpretazione di chi riconduce le
società sportive nell’ambito delle società di diritto “speciale”, e perciò ad
un modello derogatorio di alcune regole di diritto comune sulle società di
capitali, ma comunque compatibile con la struttura organizzativa tipica dei
soggetti del titolo V del codice civile appare evidente che, tali enti, ancorché perseguano un fine non lucrativo,
dovranno intendersi comunque soggetti passivi d’imposta, poiché esercitano
istituzionalmente un’attività commerciale. Sotto questo profilo, giova
richiamare la citata Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E ove si afferma che “le società sportive dilettantistiche, ancorché non
perseguano il fine di lucro, mantengono dal punto di vista fiscale, la natura
commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell’ambito
dell’art.87 comma 1 lettera a) del TUIR. L’assenza del fine di lucro non incide
sulla qualificazione tributaria degli enti in questione.”
Ritenendo, però, che tali enti integrino strutture
associative atipiche, sembra giustificato concludere in senso opposto.
A tale riguardo, si consideri, peraltro, che la
stessa Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E, ha riconosciuto l’applicazione
nei confronti delle società sportive dilettantistiche della disposizione
contenuta nell’art. 111, comma 3 del T.U.I.R., ora art. 148 comma 3, secondo
cui non si considerano commerciali “le
attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate
verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti,
associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima
attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte
di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o
partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché
le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli
associati.” Con tale indicazione l’Amministrazione finanziaria ha di fatto
attestato la “decommercializzazione” e la conseguente “defiscalizzazione” sia
ai fini IRES, IRAP che IVA delle entrate provenienti da partecipanti ovvero da
tesserati alle Federazioni Sportive o Enti Nazionali di Promozione Sportiva
riconosciuti dal CONI, percepiti dalle società sportive di capitali,
riconoscendo così piena applicazione dei benefici fiscali previsti per le
associazioni sportive anche alle società sportive di capitali.
Inoltre,
a tale convincimento conduce lo stesso tenore letterale del comma 17 dell’art.
90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (modificato dalla legge n.128/2004) per il
quale l’ente disciplinato dalla particolare normativa tributaria deve
qualificarsi quale “associazione
sportiva dilettantistica” e può “…..assumere una delle seguenti forme:
(1)
associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli
artt.36 e ss. del codice civile;
(2)
associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai
sensi del regolamento di cui al DPR 10.02.2000 n.361;
(3)
società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le
disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di
lucro...”
Infine, si consideri che la Legge n.128/2004 ha
fissato il principio per cui le norme sull’ordinamento interno devono essere
ispirato a principi di “democraticità” e di “uguaglianza” dei diritti di tutti
gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, “fatte salve però le società sportive
dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per
le quali si applicano le disposizioni del codice civile”. Ciò attesta che
il “principio di democraticità”, di cui una forma di manifestazione è
rappresentata dalla “disciplina uniforme
del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire
l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità
della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o
partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le
modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi”, non si applica all’interno delle società sportive di capitali, che
(diversamente dal modello associativo tipico), hanno una struttura chiusa. Ciò,
tuttavia non comporta esclusione dalle prerogative di legge che possano
assicurare alle stesse società l’attribuzione dei benefici fiscali propri delle
associazioni sportive.
2)
La costituzione di
un’Associazione - Atto costitutivo e adempimenti relativi.
Per
la costituzione di un’associazione occorre distinguere due momenti: (1)
la stipulazione dell’atto costitutivo, (2) il riconoscimento della personalità
giuridica e la registrazione (se si tratta di associazione riconosciuta).
(1)
L’atto costitutivo e lo statuto sono le fonti di diritto dell’associazione, con
efficacia che si estende all’interno della vita dell’associazione. Mentre le associazioni non
riconosciute, ai fini civilistici, non devono rispettare alcuna forma
particolare, ma si costituiscono con il semplice incontro di volontà degli
associati (e perciò, anche verbalmente), le associazioni riconosciute devono:
1) costituirsi con atto pubblico; 2) chiedere ed ottenere il riconoscimento
della personalità giuridica; 3) risultare di conseguenza iscritte negli
appositi registri previsti dalla legge.
L’atto costitutivo deve
contenere alcuni elementi essenziali ed altri accidentali fissati dall’art.16
c.c.
In particolare, sono elementi essenziali:
(2) Dopo la costituzione
dell’associazione, occorre procedere alla richiesta di riconoscimento della
personalità giuridica.
3)
Lo statuto di
un’Associazione sportiva dilettantistica – Particolarità.
Per la costituzione di
un’associazione sportiva dilettantistica, oltre alle norme del codice civile,
occorre fare riferimento alle particolari disposizioni tributarie.
Rilevano, in particolare:
1)
La legge 16 dicembre 1991 n.398;
2)
l’art.5 del D.Lgs. 4.12.1997 n.460;
3)
l’art.90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289
(modificato dalla legge n.128/2004).
Sulla
base di tale normativa, le associazioni sportive, che vogliano usufruire dei
particolari benefici previsti dalla legislazione fiscale, devono rispettare i
seguenti canoni:
(1)
la forma giuridica delle
associazioni sportive dilettantistiche, può essere quella dell’associazione non
riconosciuta di cui agli artt.36 e ss. del codice civile ovvero
dell’associazione riconosciuta (oltre che della società sportiva di capitali e
della cooperativa);
(2)
la denominazione sociale deve
indicare la finalità sportiva dilettantistica e la ragione ovvero denominazione
sociale dilettantistica;
(3)
la denominazione sociale deve
essere utilizzata in tutti i segni distintivi o/e comunicazioni rivolte al
pubblico;
(4)
l’affiliazione alle Federazioni sportive nazionali
riconosciute dal Coni ovvero agli enti nazionali di promozione sportiva e
l’iscrizione nel registro nazionale del Coni
(5)
l’attività sportiva deve essere
esercitata in forma dilettantistica;
(6)
l’ente deve aver conseguito
(nel periodo di imposta precedente) proventi commerciali per importi non
superiori a determinati limiti stabiliti dalla legge;
(7)
lo statuto e l’atto costitutivo
dell’ente deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura
privata autenticata o registrata e deve contenere alcune clausole obbligatorie
di cui all’art.148 comma 8 del D.P.R. 22.12.1986 n.917 (T.U.I.R.) e cioè la
previsione:
- della sede legale;
- della denominazione;
- dell'oggetto sociale con riferimento
all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa
l'attività didattica;
- dell'attribuzione della rappresentanza legale
dell'associazione;
- dell'assenza di fini di lucro;
- del divieto di distribuire tra gli associati,
anche in forme indirette, i proventi conseguiti;
- del rispetto del principio di democrazia
interna e di uguaglianza tra tutti gli associati;
- dell’elettività delle cariche sociali;
- dell’obbligo di rendiconti
economico-finanziari;
- dell’obbligo di indicare le modalità di
approvazione dei rendiconti economico-finanziari da parte degli organi
statutari;
- dell’obbligo di indicare le modalità di
scioglimento dell’associazione;
- della devoluzione ai fini sportivi del
patrimonio in caso di scioglimento dell’associazione.
Riferimenti
normativi
Legge del 27 dicembre 2002, n. 289 (S.O. n. 240
Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2002) - Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2003)
TITOLO III Disposizioni in materia di spesa - CAPO VI Altri
interventi
Articolo
90 - Disposizioni per l'attività sportiva dilettantistica
IVA - IRPEG - ILOR - DISPOSIZIONI PER L'ATTIVITA' SPORTIVA
DILETTANTISTICA
Testo in vigore dal 1 gennaio 2005
1. Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991,
n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie
riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle
società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine
di lucro.
2. A decorrere dal periodo di imposta in corso
alla data di entrata in vigore della presente legge, l'importo fissato
dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, come sostituito
dall'articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive
modificazioni, è elevato a 250.000 euro.
3. Al testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 81, comma 1, lettera m), è
aggiunto, in fine, il seguente periodo:
"Tale disposizione si applica anche ai
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale
di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive
dilettantistiche. ";
b) all'articolo 83, comma 2, le parole:
"a lire 10.000.000" sono sostituite
dalle seguenti: "a 7.500 euro".
4. Il CONI, le Federazioni sportive nazionali e
gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI non sono obbligati ad
operare la ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto sui contributi erogati
alle società e associazioni sportive dilettantistiche, stabilita dall'articolo
28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600.
5. Gli atti costitutivi e di trasformazione delle
società e associazioni sportive dilettantistiche, nonché delle Federazioni
sportive e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI direttamente
connessi allo svolgimento dell'attività sportiva, sono soggetti all'imposta di
registro in misura fissa.
6. Al n. 27 bis della tabella di cui all'allegato
B annesso al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642,
sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e dalle federazioni sportive
ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI".
7. All'articolo 13 bis, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, dopo le parole:
"organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) " sono
inserite le seguenti: "e le società e associazioni sportive
dilettantistiche".
8. Il corrispettivo in denaro o in natura in
favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni
costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive
scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle
Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce,
per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non
superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione
dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica
attività del beneficiario, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917.
9. Al testo unico delle imposte sui redditi, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13 bis, comma 1, la lettera i ter)
è sostituita dalla seguente:
"i ter) le erogazioni liberali in denaro per
un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 1.500 euro,
in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, a condizione
che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio
postale ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400";
b) all'articolo 65, comma 2, la lettera c octies)
è abrogata.
10. All'articolo 17, comma 2, del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, le parole: "delle indennità e dei
rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del citato testo unico
delle imposte sui redditi" sono soppresse.
11. All'articolo 111 bis, comma 4, del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed
alle associazioni sportive dilettantistiche".
11 bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la
pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per
manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila
posti, è da considerarsi, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di
occasionalità rispetto all'evento sportivo direttamente organizzato. (4)
12. Presso l'Istituto per il credito sportivo è
istituito il Fondo di garanzia per la fornitura di garanzia sussidiaria a
quella ipotecaria per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento,
all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi
compresa l'acquisizione delle relative aree da parte di società o associazioni
sportive dilettantistiche con personalità giuridica.
13. Il Fondo è disciplinato con apposito
regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio
nazionale del CONI. Il regolamento disciplina, in particolare, le forme di
intervento del Fondo in relazione all'entità del finanziamento e al tipo di
impianto.
14. Il Fondo è gestito e amministrato a titolo
gratuito dall'Istituto per il credito sportivo.
15. La garanzia prestata dal Fondo è di natura
sussidiaria, si esplica nei limiti e con le modalità stabiliti dal regolamento
di cui al comma 13 e opera entro i limiti delle disponibilità del Fondo.
16. La dotazione finanziaria del Fondo è
costituita dall'importo annuale acquisito dal fondo speciale di cui
all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive
modificazioni, dei premi riservati al CONI a norma dell'articolo 6 del decreto
legislativo 14 aprile 1948, n. 496, colpiti da decadenza.
17. Le società e associazioni sportive dilettantistiche
devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o
la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti
forme:
a) associazione sportiva priva di personalità
giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile;
b) associazione sportiva con personalità giuridica
di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;
c) società sportiva di capitali o cooperativa
costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che
prevedono le finalità di lucro. (1)
18. Le società e le associazioni sportive
dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro
essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente
previsti:
a) la denominazione;
b) l'oggetto sociale con riferimento
all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività
didattica;
c) 1' attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione;
d) l'assenza di finì di lucro e la previsione che
i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli,
associati, anche in forme indirette;
e) le norme sull'ordinamento interno ispirato a
principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con
la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società
sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o
cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;
f) l'obbligo di redazione di rendiconti
economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte
degli organi statutari;
g) le modalità di scioglimento dell'associazione;
h) l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del
patrimonio in caso dì scioglimento delle società e delle associazioni. (2)
18 bis. E' fatto divieto agli amministratori delle
società e delle associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima
carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell'ambito
della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciute dal
CONI, ovvero nell'ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di
promozione sportiva. (2)
18 ter. Le società e le associazioni sportive
dilettantistiche che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono
in possesso dei requisiti di cui al comma 18, possono provvedere
all'integrazione della denominazione sociale di cui al comma 17 attraverso
verbale della determinazione assunta in tale senso dall'assemblea dei soci. (2)
19. Sono fatte salve le disposizioni relative ai
gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 31
marzo 2000, n. 78, firmatari di apposite convenzioni con il CONI.
[20. Presso il CONI è istituito, anche in forma
telematica e senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, il registro
delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche distinto nelle
seguenti tre sezioni:
a) associazioni sportive dilettantistiche senza
personalità giuridica;
b) associazioni sportive dilettantistiche con
personalità giuridica;
c) società sportive dilettantistiche costituite
nella forma di società di capitali.] (3)
[21. Le modalità di tenuta del registro di cui al
comma 20, nonché le procedure di verifica, la notifica delle variazioni dei
dati e l'eventuale cancellazione sono disciplinate da apposita delibera del
Consiglio nazionale del CONI, che è trasmessa al Ministero vigilante ai sensi
dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1992, n. 138.] (3)
[22. Per accedere ai contributi pubblici di
qualsiasi natura, le società e le associazioni sportive dilettantistiche devono
dimostrare l'avvenuta iscrizione nel registro di cui al comma 20.] (3)
23. I dipendenti pubblici possono prestare la
propria attività, nell'ambito delle società e associazioni sportive
dilettantistiche, fuori dall'orario di lavoro, purché a titolo gratuito e fatti
salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di
appartenenza. Ai medesimi soggetti possono essere riconosciuti esclusivamente
le indennità e i rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del
testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
24. L'uso degli impianti sportivi in esercizio da
parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere
garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni
sportive.
25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di
cui all'articolo 29 della presente legge, nei casi in cui l'ente pubblico
territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la
gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive
dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e
Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i
criteri d'uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per
l'individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria
legge, le modalità di affidamento.
26. Le palestre, le aree di gioco e gli impianti
sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell'attività didattica e
delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari ai sensi
del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre
1996, n. 567, devono essere posti a disposizione di società e associazioni
sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede
l'istituto scolastico o in comuni confinanti.
_______________________________________________________________________________
(1) La presente lettera è stata così modificata
dall'art. 4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come modificato dall'allegato alla L.
21.05.2004, n. 128, con decorrenza dal 23.05.2004. Si riporta di seguito
il testo previgente:
"c) società sportiva di capitali costituita
secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le
finalità di lucro."
(2) Il presente comma ha così sostituito
l'originario comma 18, in virtù dell'art. 4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come
modificato dall'allegato alla L. 21.05.2004, n. 128, con decorrenza dal
23.05.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:
" 18. Con uno o più regolamenti, emanati ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel
rispetto delle disposizioni dell'ordinamento generale e dell'ordinamento
sportivo, secondo i seguenti principi generali, sono individuati:
a) i contenuti dello statuto e dell'atto
costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, con
particolare riferimento a:
1) assenza di fini di lucro;
2) rispetto del principio di democrazia interna;
3) organizzazione di attività sportive
dilettantistiche, compresa l'attività didattica per l'avvio, l'aggiornamento e
il perfezionamento nelle attività sportive;
4) disciplina del divieto per gli amministratori
di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive
nell'ambito della medesima disciplina;
5) gratuità degli incarichi degli amministratori;
6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in
caso di scioglimento delle società e delle associazioni;
7) obbligo di conformarsi alle norme e alle
direttive del CONI nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni
sportive nazionali o dell'ente di promozione sportiva cui la società o
l'associazione intende affiliarsi;
b) le modalità di approvazione dello statuto, di
riconoscimento ai fini sportivi e di affiliazione ad una o più Federazioni
sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o a uno degli
enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, anche su base regionale;
c) i provvedimenti da adottare in caso di irregolare
funzionamento o di gravi irregolarità di gestione o di gravi infrazioni
all'ordinamento sportivo. "
(3) Il presente comma è stato abrogato dall'art.
4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come modificato dall'allegato alla L. 21.05.2004, n.
128, con decorrenza dal 23.05.2004.
(4) Il presente comma è stato inserito dall'art.
1, comma 470, L. 30.12.2004, n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005.
Decreto del Presidente della
Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (in S.O. n. 1 Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 1986) – Approvazione del
testo unico delle imposte sui redditi.
TITOLO II - Imposta sul reddito delle società - Capo I -
Soggetti passivi e disposizioni generali
Articolo 73 - Soggetti
passivi
IRES - SOGGETTI PASSIVI
Testo in vigore dal 1 gennaio 2004
1. Sono soggetti all'imposta sul reddito delle
società:
a) le società per azioni e in accomandita per
azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le
società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle
società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo
o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle
società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza
personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle
lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le
associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non
appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il
presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le
società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le
società e le associazioni indicate nell'articolo 5 .
3. Ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del
periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o
l'oggetto principale nel territorio dello Stato.
4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente
residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo
statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata
autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività
essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge,
dall'atto costitutivo o dallo statuto.
5. In mancanza dell'atto costitutivo o dello
statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è
determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello
Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. (1)
(2) (3) (4)
_______________________________________________________________________________
(1) Il presente articolo, già art. 87, è stato
così rinumerato in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza
dal 01.01.2004.
(2) Il presente articolo prima modificato
dall'art. 1, D.Lgs. 04.12.1997, n. 460, è stato, poi, così sostituito
dall'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si
riporta di seguito il testo previgente:
" 1. Sono soggetti all'imposta sul reddito
delle persone giuridiche:
a) le società per azioni e in accomandita per
azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le
società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle
società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo
o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati, diversi dalle
società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza
personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle
lett. b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le
associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non
appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto
dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti
di cui alla lett. d) del comma 1 sono comprese anche le società e le
associazioni indicate nell'art. 5 .
3. Ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del
periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o
l'oggetto principale nel territorio dello Stato.
4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente
residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo
statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata
autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività
essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge,
dall'atto costitutivo o dallo statuto.
4 bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello
statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è
determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello
Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.
"
(3) La rubrica del titolo cui il presente articolo
appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n.
344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:
"TITOLO II - Imposta sul reddito delle
persone giuridiche".
(4) La rubrica del capo cui il presente articolo
appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n.
344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:
"Capo I - Disposizioni generali".
Decreto del Presidente della
Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (S.O. n. 1 Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 1986) - Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.
TITOLO II - Imposta sul reddito delle società - Capo III -
Enti non commerciali residenti
Articolo
148 - Enti di tipo associativo
IRES - ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO
Testo in vigore dal 1 gennaio 2004
1. Non è considerata commerciale l'attività svolta
nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità
istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non
commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o
partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare
il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate
nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo
del comma 1 dell'articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi
agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici,
compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle
maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi
concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito
di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano
carattere di abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di
categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di
promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si
considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi
istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei
confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che
svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o
statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei
rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive
organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie
pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per
le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di
pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le
prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le
prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate
nell'esercizio delle seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere
commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
5. Per le associazioni di promozione sociale
ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge
25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal
Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate
verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e
bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività
istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e
soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente
complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e
siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
6. L'organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici di cui al comma 5 non è considerata commerciale anche se effettuata
da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni
riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato
patti, accordi o intese, sempreché sia effettuata nei confronti degli stessi
soggetti indicati nel comma 3.
7. Per le organizzazioni sindacali e di categoria
non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le
cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3,
riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata
prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di
applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate
verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di
diretta imputazione.
8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si
applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle
seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti
nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o
registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto,
utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione,
salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente,
in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con
finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di
controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e
delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto
medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla
vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età
il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei
regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente
un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi amministrativi,
principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice
civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri
di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle
convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o
rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui
atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto
ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le
stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a
livello locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo
associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non
rivalutabilità della stessa.
9. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e)
del comma 8 non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle
confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché
alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. (1) (2) (3) (4)
_______________________________________________________________________________
(1) Il presente articolo, già art. 111, è stato
così rinumerato in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza
dal 01.01.2004.
(2) Il presente articolo prima modificato
dall'art. 14, L. 24.12.1993, n. 537, poi dall'art. 5, D.Lgs.
4.12.1997, n. 460, poi dall'art. 5, D.Lgs. 19.11.1998, n. 422, è stato, poi,
così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal
01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:
" 1. Non è considerata commerciale
l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità
alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri
enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o
partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a
formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate
nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo
del comma 1 dell'art. 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli
associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i
contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o
diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono
alla formazione del reddito complessivo come componente del reddito di impresa
o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di
abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di
categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di
promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si
considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi
istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei
confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che
svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o
statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei
rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive
organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie
pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per
le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di
pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le
prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le
prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate
nell'esercizio delle seguenti attività: a) gestione di spacci aziendali e di
mense; b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; c) gestione di fiere
ed esposizioni a carattere commerciale; d) pubblicità commerciale; e)
telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
4 bis. Per le associazioni di promozione sociale
ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge
25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal
Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate
verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e
bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività
istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e
soggiorni turistici, sempre che le predette attività siano strettamente
complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e
siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
4 ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici di cui al comma 4- bis non è considerata commerciale anche se
effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da
associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha
stipulato patti, accordi o intese, sempre che sia effettuata nei confronti
degli stessi soggetti indicati nel comma 3.
4 quater. Per le organizzazioni sindacali e di
categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali
le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3,
riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente
agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi
contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di
corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta
imputazione.
4 quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4
bis, 4 ter e 4 quater si applicano a condizione che le associazioni interessate
si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi
o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata
autenticata o registrata:
a) divieto di distribuire anche in modo indiretto,
utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita
dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano
imposte dalla legge;
b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente,
in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con
finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di
controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n.
662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
c) disciplina uniforme del rapporto associativo e
delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto
medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla
vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età
il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei
regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
d) obbligo di redigere e di approvare annualmente
un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
e) eleggibilità libera degli organi
amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo
comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o
partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee
forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative
deliberazioni, dei bilanci o rendiconti è ammesso il voto per
corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1
gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo
comma, del codice civile e sempre che le stesse abbiano rilevanza a livello
nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
f) intrasmissibilità della quota o contributo
associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non
rivalutabilità della stessa.
4 sexies. Le disposizioni di cui alle lettere c)
ed e) del comma 4 quinquies non si applicano alle associazioni religiose
riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti,
accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.
"
(3) La rubrica del titolo cui il presente
articolo appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1,
D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito
il testo previgente:
"TITOLO II - Imposta sul reddito delle
persone giuridiche".
(4) La rubrica del capo cui il presente articolo
appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n.
344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:
"Capo III - Enti non commerciali".
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