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Gli aspetti civilistici delle associazioni sportive dilettantistiche

 

Sommario: 1) Associazioni (riconosciute e non riconosciute) e società: caratteri distintivi. 2) La costituzione di un’Associazione - Atto costitutivo e adempimenti relativi. 3) Lo statuto di un’Associazione sportiva dilettantistica – Particolarità.

Avv. Katia Scarpa

1)     Associazioni (riconosciute e non riconosciute) e società: caratteri distintivi.

L’art.90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (modificato dalla legge n.128/2004) al comma 17 ha espressamente previsto che “..le associazioni sportive dilettantistiche ...possono assumere una delle seguenti forme:

(1)         associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli artt.36 e ss. del codice civile;

(2)         associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al DPR 10.02.2000 n.361;

(3)         società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro...”

La differenza principale tra associazione riconosciuta e non riconosciuta discende essenzialmente dal “riconoscimento” e perciò dalla personalità giuridica. Con il riconoscimento l’associazione diventa punto di riferimento non solo dell’attività dei suoi organi, ma anche degli effetti di quella attività. Ed il fenomeno trova la sua spiegazione formale nell’esistenza di un vero e proprio soggetto dotato dall’ordinamento di capacità giuridica generale. L’associazione non riconosciuta, invece, non ha personalità giuridica propria. Anche la sua soggettività giuridica è stata a lungo posta in dubbio.

Conseguentemente, diversa è la disciplina giuridica dell’associazione riconosciuta rispetto a quella dell’associazione non riconosciuta e tale diversità trova il suo nucleo centrale nel differente regime di responsabilità. Le associazioni non riconosciute si caratterizzano per il regime di responsabilità, che origina dal disposto di cui all’art.38, a tenore del quale “delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.” Nelle associazioni riconosciute, invece, (art.18, 1° comma) “gli amministratori sono responsabili verso l’ente” e non verso i terzi “secondo le norme del mandato.”

Per la ricerca dei caratteri distintivi tra associazione e società sportive dilettantistiche occorre necessariamente partire dall’esame delle norme del codice civile. Gli artt.14-42 c.c. disciplinano le associazioni (distinguendo quelle riconosciute da quelle non riconosciute), ma non forniscono una definizione del concetto di associazione. L’art.2247 c.c., invece, individua la nozione di società, in quel contratto con cui “due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili”.

In assenza di della definizione codicistica di associazione, la dottrina ha ritenuto che – nell’ambito di un fenomeno associativo allo stato diffuso, che ricomprende sia la società che l’associazione – sussistano due fenomeni associativi tipici: quello delle associazioni del libro I e quello delle società. Pertanto, la società più che una species del genus associazione di cui al libro I, viene considerata un fenomeno tipologico da questa distinto o addirittura a questo contrapposto [1] . In altri termini, la società sarebbe un’associazione che si caratterizza per il fatto di essere creata per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili, mentre (ragionando a contrario) l’associazione (riconosciuta e non riconosciuta) di cui al libro I del codice civile, non svolge attività economica allo scopo di dividerne gli utili, ma è creata per l’esercizio di un’attività non lucrativa, per uno scopo cioè, che può essere anche ideale.

In entrambi gli enti, elementi fondamentali sono:

1.      anzitutto, un elemento personale [2] ;

2.      in secondo luogo un elemento patrimoniale, poiché l’attività dei suoi partecipanti si trasforma necessariamente in rapporti economici.

Ciò che differenzia i due enti, invece, è l’elemento spirituale, ossia lo scopo che in entrambi deve essere determinabile e lecito [3] ma nelle società deve essere lucrativo ovvero mutualistico, mentre nelle associazioni deve essere non economico, ancorché possa essere conseguito attraverso l’esercizio di un’attività economica [4] .

Al riguardo la Cassazione [5] ha precisato che la finalità di ottenere guadagni attraverso l’esercizio di un’attività economica costituisce la causa del contratto di società ex art.2247 c.c., e che si tratta di una causa complessa, composta di due elementi: (i) il conseguimento di utili e (ii) la ripartizione di utili tra i soci. Consegue che per esservi “impresa” è sufficiente il cd. lucro oggettivo e cioè che l’attività sia organizzata in modo da produrre utili, mentre per aversi “società” dev’esserci la presenza del lucro cd. soggettivo, cioè la divisione degli utili tra i soci. In caso di assenza del lucro soggettivo, poi, secondo la Suprema Corte, sarebbe sempre possibile la conversione del contratto di società in quello di associazione non riconosciuta.

Possiamo perciò definire:

1.      la società come quell’ente costituito da due o più persone che hanno conferito beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili.

2.      l’associazione come quell’organizzazione stabile di persone che, con un atto di autonomia negoziale, si sono impegnate a perseguire un interesse comune [6] non economico (e perciò, culturale, ideale e/o sportivo).

Ai fini fiscali tale distinzione, però, non è esauriente.

Il legislatore tributario distingue i soggetti passivi di imposta più che sulla base del diverso fine istituzionale, sulla base della natura (commerciale/non commerciale) dell’attività svolta.

L’art.73 del TUIR, infatti, individua i soggetti tenuti a corrispondere l'imposta sul reddito delle società differenziando:

a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società (tra i quali sono compresi anche, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute), residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società (tra i quali sono compresi anche, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute), residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d) (omissis..).

Il successivo art.148 TUIR, con riferimento agli enti associativi, precisa che “Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. …”. I commi successivi individuano una serie di attività che sono ex lege considerate “effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 143” e la previsione del particolare regime impositivo di favore per le associazioni sportive dilettantistiche.

L’art.90 comma 17 della L. 289/2002, nel riconoscere che l’esercizio dell’attività sportiva dilettantistica possa essere posto in essere anche da enti che assumono la veste di società di capitali e che possono perciò godere del medesimo regime fiscale dettato per gli enti associativi, non ha curato il coordinamento tra i due istituti. La circostanza ingenera il dubbio che non sia sufficiente differenziare le società e le associazioni sportive dilettantistiche sulla base del solo elemento ideale (lo scopo lucrativo/non lucrativo).

In particolare, l’art. 90 citato, prevede che lo statuto delle società sportive dilettantistiche debba contenere l’assenza di fine di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono in nessun caso essere divisi tra gli associati, anche in forme indirette.

Il modello della società sportiva dilettantistica delineato dal legislatore fiscale, lascia intravedere, dietro la veste di società di capitali, un ente che non persegue né finalità lucrative oggettive (e cioè il conseguimento di utili), né finalità di lucro soggettivo (e cioè la divisione degli utili) e, perciò, sembrerebbe snaturata la stessa fattispecie tipica della società di capitali.

Si pone, perciò, il problema se con tale disposizione il legislatore non abbia voluto incidere sulla disciplina generale delle società andando ad escludere che lo scopo di lucro costituisca elemento essenziale dell’ente societario, e ci si interroga sul rapporto tra non lucratività dello scopo e struttura societaria ed in particolare sul rapporto esistente tra non lucratività degli scopi e commercialità dell'attività.

Quanto al rapporto tra non lucratività dello scopo e struttura societaria vale considerare, anzitutto, che, a fronte della rigorosa previsione dell'art. 2247 c.c. (caratterizzante la causa stessa del contratto di società), per cui i tipi societari del titolo V sono ispirati al principio generale della divisione degli utili, nella legislazione speciale si rinvengono diversi casi in cui è consentito il ricorso a tipi capitalistici per scopi economici, ma non lucrativi [7] .

Si tratta di fattispecie nelle quali il legislatore ha privilegiato un elemento di specialità, attinente ai soci (per esempio nel caso delle società a prevalente partecipazione pubblica) o all'oggetto sociale (per esempio nel caso delle società sportive), che giustifica un particolare regime normativo derogatorio alle norme di diritto comune.

L’orientamento prevalente della dottrina [8] , ritiene che i caratteri di specialità e di eccezionalità di queste fattispecie inducano ad escludere che si sia verificato un generale "superamento del quadro sistematico che si è delineato sulla base del codice civile" [9] e che proprio le frequenti scelte legislative (volte alla progressiva specializzazione dei tipi societari, mediante il raggiungimento di scopi ulteriori o differenti rispetto al fine che ne costituisce la causa tipica), confermano la "neutralità" [10] delle strutture organizzative dei contratti associativi. Si considerano, infatti, eccezionali le leggi speciali non coordinabili con il diritto comune, quando non abroghino specificamente un principio dello stesso con norma avente efficacia generale e si ritiene che per questo motivo il loro ambito di applicazione debba essere rigorosamente limitato.

Solo parte degli interpreti [11] è giunta a considerare le numerose deroghe all’art. 2247 c.c. come il segno del tramonto dello scopo lucrativo delle società di capitali, poiché la società di capitali sarebbe diventata una mera forma che può essere utilizzata per scopi diversi.

Il problema, per la verità, non è nuovo al mondo dello sport.

Ed, infatti, già con l’art.22/2° comma dello Statuto tipo della FIGC [12] era stato fissato il divieto di ripartire gli utili tra i soci e la Cassazione, con il celebre caso Meroni [13] , affermò che non sussistevano dubbi sulla natura di impresa dell’attività delle società professionali di calcio costituite in forma di s.p.a., anche se regolate da tale Statuto.

La dottrina era divisa tra quanti [14] affermavano che l’esercizio in comune di un’attività economica debba essere necessariamente completato dal tipo di risultato (utile o guadagno mutualistico) che le parti si propongono di ottenere e dalla sua destinazione (egoistica o altruistica) e quanti [15] , cercando una conciliazione tra causa delle società sportive e causa tipica della società, hanno escluso che la causa del contratto di società fosse lo scopo di lucro e ha ritenuto che elemento essenziale sia la gestione collettiva dell’impresa, poiché l’esistenza dell’impresa è il fulcro che integra la causa del contratto sociale.

Tra quanti ha rinvenuto la causa del contratto sociale nello scopo di lucro, vi è chi [16] - cercando una conciliazione tra causa delle società sportive e causa tipica della fattispecie di cui all’art.2247 c.c. - ne ha allargato la nozione, fino a comprendere nell’utile societario una serie di vantaggi paraeconomici oltre alla distribuzione di denaro; e chi [17] ha posto l’accento sul fatto che non sussisterebbe alcuna differenza tra la distribuzione degli utili ai soci e la devoluzione degli stessi ad un altro scopo proprio dei soci e che l’art. 2247 c.c. si limiterebbe a garantire l’appartenenza dei dividendi ai soci, che, proprio in virtù di tale fatto, sono liberi di statuirne il reinvestimento per scopi comuni [18] .

Vi è stato, poi, chi ha escluso di dover ricondurre le società sportive nella fattispecie di cui all’art. 2247 c.c. e ha ritenuto [19] che le società calcistiche avrebbero dovuto essere qualificate come associazioni atipiche, perché come le associazioni esse perseguono fini (non economici) e l’attività economica di organizzazione degli spettacoli è solo strumentale al perseguimento del fine primario non economico [20] . Poiché, però esse, nella struttura, non rispettano i caratteri tipologico-organizzativi dell’associazione (ed infatti, l’adozione della forma società per azioni comporta l’assunzione di una struttura personale chiusa) si tratterebbe di associazioni atipiche.

A tale linea interpretativa si è accostato, poi, il pensiero di chi [21] ha ritenuto che, costituendo il lucro soggettivo la causa del contratto di società, le società per azioni sportive sarebbero società nulle ex art. 2332 c.c. per mancanza dei requisiti causali tipici dell'atto costitutivo [22] . Dalle regole dello Statuto tipo delle società calcistiche, approvato con delibera F.I.G.C. 16 settembre 1966, risulterebbe, infatti, inequivocabilmente l’esclusione dello scopo di lucro in senso soggettivo e la natura non economica dei fini perseguiti (art. 3, primo comma, Statuto tipo [23] ) e, dunque, la mancanza della causa del contratto sociale (art. 1418 c.c. [24] ). Sarebbe, comunque, fatta salva la possibilità di conversione del contratto nullo in un contratto di altro tipo [25] , quale quello di associazione.

All’indomani della legge 23.03.1981 n.91, che aveva riconosciuto la rilevanza economica delle società sportive professionistiche, imponendo alle stesse la forma della S.p.a. o della S.r.l. (art.10/1°c) e facendo divieto di distribuire gli utili conseguiti, vi è stato anche chi [26] ha ritenuto che tale legge avrebbe disegnato una società di diritto speciale, caratterizzata da un oggetto particolare (stipulazione di un contratto con professionisti), una data struttura (s.p.a. o s.r.l.) ed uno scopo non utilitaristico.

Ora, con le previsioni contenute nel citato art.90 comma 17 della L. 289/2002, il problema del rapporto esistente tra non lucratività dello scopo e struttura societaria torna a porsi e, perciò, si solleva nuovamente anche la questione del rapporto esistente tra norme di diritto comune e disposizioni contenute nella legge speciale.

Le difficoltà interpretative non paiono essere state risolte dalla Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E [27] , che avrebbe dovuto fornire le corrette coordinate applicative del citato art.90 della Legge 289/2002. L’amministrazione finanziaria, infatti, si è limitata ad enunciare che "L' art. 90, comma 1, della legge n. 289 del 2002 ha introdotto, come già anticipato, un'importante novità consistente nell'estensione delle disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e delle altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche  <alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro> e che “Le società sportive dilettantistiche di capitali senza fine di lucro costituiscono una nuova categoria soggettiva, individuata ai sensi dell'art. 90 della legge n. 289 del 2002, destinataria del particolare regime di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche. Dette società sono costituite ai sensi del comma 17, lett. c ), dell'art. 90 <secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.> Anche le società in argomento devono indicare nella denominazione e ragione sociale la finalità sportiva dilettantistica e devono redigere lo statuto e l'atto costitutivo nel rispetto delle disposizioni stabilite dal comma 18. A tal fine valgono le modalità e i termini previsti dal regolamento da emanarsi ai sensi dello stesso comma 18 dell'art. 90”. Infine, ha precisato che “in mancanza del formale recepimento nello statuto o nell'atto costitutivo, nonché in caso di inosservanza di fatto delle clausole stabilite dai regolamenti emanati ai sensi del comma 18 dell'art. 90, le associazioni e società sportive dilettantistiche non possono beneficiare del particolare regime agevolativo ad esse riservato. Parimenti costituisce condizione per il godimento dei benefici fiscali l'adozione della denominazione indicata nel citato comma 17 dell'art. 90, che deve essere utilizzata in tutti i segni distintivi o comunicazioni rivolte al pubblico”.

Ciò che appare chiaro dalla interpretazione ministeriale, è che, anche a seguito delle successive modificazioni legislative, la fattispecie tipo della società sportiva dilettantistica non è caratterizzata solo dall'oggetto sociale e dalla mancanza dello scopo di lucro, ma anche da una serie di elementi formali (riconoscimento del Coni, affiliazione alla Federazione, iscrizione nell'apposito registro istituito presso il Coni, ecc.) che ne evidenzi "l'appartenenza" ad un determinato settore [28] .

Più precisamente, il contenuto minimo obbligatorio richiesto dall’art.90 della Legge 289/2002 e poi dalla Legge 128/2004 è il seguente:

a)     la denominazione (con riferimento all’attività sportiva dilettantistica), che deve essere utilizzata in tutti i segni distintivi o/e comunicazioni rivolte al pubblico;

b)     l’oggetto sociale con riferimento all’organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica;

c)      l’attribuzione della rappresentanza legale;

d)     l’assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;

e)     le norme sull’ordinamento interno ispirato a principi di democraticità e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;

f)       l’obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;

g)     le modalità di scioglimento;

h)     l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società.

A ciò si aggiunga che secondo quanto disposto dalla citata Circolare Ministeriale n. 21/E/2003 oltre al contenuto minimo previsto dall’art. 90 della Legge 289/2002 occorre altresì includere negli statuti delle società sportive dilettantistiche anche quanto riportato al comma 4-quinquies dell’art. 111 del previgente T.U.I.R. (DPR 917/86) oggi comma 8 dell’art. 148 dell’attuale T.U.I.R. per le associazioni sportive dilettantistiche ed in particolare:

a)    divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b)    obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c)     disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d)    obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e)    eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

f)      intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

Seppur tali norme rivestano rilevanza fiscale, il loro impatto sulla struttura delle nuove società sportive di capitali non potrà non avere effetti anche sulle norme di diritto comune. Molteplici, infatti, sono le questioni che si profilano, in conseguenza delle difficoltà di coordinamento tra queste norme e quelle riportate nel libro V del codice civile riguardanti il diritto societario.

Le problematiche più rilevanti derivanti da tale coordinamento attengono:

a)     alla natura di tale tipologia societaria

b)     alla disciplina della distribuzione di utili e delle operazioni di aumento e riduzione del capitale sociale, nonché degli eventuali casi di recesso o esclusione del socio;

c)     alla disciplina della cessione delle quote;

d)     alla disciplina del diritto di voto per gli associati o partecipanti per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi.

Limitando l’esame alla questione della natura di tale tipologia societaria ed avendo riguardo anche alle posizioni interpretative che nel passato si sono occupate delle società sportive professionali, sembra doversi concordare con quella tesi [29] che ne individua la natura in quella di una associazione atipica.

Sembra cioè doversi negare rilievo a quella linea di pensiero che riconosce a tali società sportive dilettantistiche una significativa "specificità", derogatoria di alcune regole di diritto comune sulle società di capitali, ma comunque compatibile con la struttura organizzativa tipica dei soggetti del titolo V del codice civile [30] .

Vale considerare, al riguardo, anzitutto, che la ratio dell’estensione dei benefici fiscali delle associazioni sportive dilettantistiche alle società sportive di capitali sembra potersi rinvenire proprio nel sostegno che lo Stato vuol concedere a tutte le organizzazioni operanti nel settore indipendentemente dalla forma giuridica rivestita.

Inoltre, giova ricordare che – come osservato in precedenza - ciò che differenzia le società dalle associazioni, non è tanto l’elemento personale, né quello patrimoniale, quanto piuttosto, lo <scopo> che nelle società deve essere lucrativo (ovvero mutualistico), mentre nelle associazioni deve essere non economico, ancorché possa essere conseguito attraverso l’esercizio di un’attività economica [31] .

Poiché gli enti di cui all’art. 90 della legge 27 dicembre 2002 n.289 conseguono tutti uno scopo non lucrativo, differenziare le società e le associazioni sportive dilettantistiche sulla base del solo elemento ideale (lo scopo lucrativo/non lucrativo) non appare sufficiente.

Ciò che rileva, infatti, sembra essere piuttosto la struttura unitamente alla natura dell’attività svolta.

Quanto alla struttura, i primi due enti (associazioni riconosciute e non riconosciute) hanno una struttura aperta, l’adozione della forma società per azioni comporta, invece, l’assunzione di una struttura personale chiusa. Pertanto, le associazioni sportive dilettantistiche costituite in forma di associazione riconosciuta ovvero non riconosciuta costituiscono modelli associativi tipici, mentre le società sportive dilettantistiche sono strutture associative atipiche.

Quanto alla natura (commerciale/non commerciale) dell’attività svolta, giova considerare che, dal coordinato disposto degli artt.73 e 148 del TUIR, emergono due dati rilevanti:

1)     il primo è che gli enti non lucrativi sono centri autonomi di imposizione tributaria quando, indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata e dalla loro forma giuridica, svolgono un’attività commerciale.

2)     Il secondo è che nelle associazioni “Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. ..”

Consegue che possiamo definire:

a)     l’associazione sportiva dilettantistica (sia essa riconosciuta o non riconosciuta) quale organizzazione stabile di persone che, con un atto di autonomia negoziale, si sono impegnate a perseguire uno scopo comune non economico (sportivo), mediante l’esercizio in comune di un’attività che può essere anche di natura commerciale in via principale ovvero in via accessoria/secondaria.

b)     la società sportiva dilettantistica, quale organizzazione stabile di persone che, con un atto di autonomia negoziale hanno conferito beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo comune (non economico) di sostenere/praticare/diffondere (ecc..) lo sport dilettantistico.

Dall’interpretazione coordinata dell’art.90 della legge n.289/2002 e degli artt. 73 e 148 del TUIR emerge, però, il dubbio se possa farsi discendere la “decommercializzazione” delle entrate derivanti dallo svolgimento dell’attività istituzionale dell’ente sportivo dilettantistico costituito in forma di società di capitali, posto che per le società di capitali vale il principio di attrazione a “reddito commerciale d’impresa” di tutti i propri ricavi.

Secondo l’interpretazione di chi riconduce le società sportive nell’ambito delle società di diritto “speciale”, e perciò ad un modello derogatorio di alcune regole di diritto comune sulle società di capitali, ma comunque compatibile con la struttura organizzativa tipica dei soggetti del titolo V del codice civile [32] appare evidente che, tali enti, ancorché perseguano un fine non lucrativo, dovranno intendersi comunque soggetti passivi d’imposta, poiché esercitano istituzionalmente un’attività commerciale. Sotto questo profilo, giova richiamare la citata Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E [33] ove si afferma che “le società sportive dilettantistiche, ancorché non perseguano il fine di lucro, mantengono dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell’ambito dell’art.87 comma 1 lettera a) del TUIR. L’assenza del fine di lucro non incide sulla qualificazione tributaria degli enti in questione.”

Ritenendo, però, che tali enti integrino strutture associative atipiche, sembra giustificato concludere in senso opposto.

A tale riguardo, si consideri, peraltro, che la stessa Circolare Ministeriale 22.04.2003 n.21/E, ha riconosciuto l’applicazione nei confronti delle società sportive dilettantistiche della disposizione contenuta nell’art. 111, comma 3 del T.U.I.R., ora art. 148 comma 3, secondo cui non si considerano commerciali “le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.” Con tale indicazione l’Amministrazione finanziaria ha di fatto attestato la “decommercializzazione” e la conseguente “defiscalizzazione” sia ai fini IRES, IRAP che IVA delle entrate provenienti da partecipanti ovvero da tesserati alle Federazioni Sportive o Enti Nazionali di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI, percepiti dalle società sportive di capitali, riconoscendo così piena applicazione dei benefici fiscali previsti per le associazioni sportive anche alle società sportive di capitali.

Inoltre, a tale convincimento conduce lo stesso tenore letterale del comma 17 dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (modificato dalla legge n.128/2004) per il quale l’ente disciplinato dalla particolare normativa tributaria deve qualificarsi quale “associazione sportiva dilettantistica” e può “…..assumere una delle seguenti forme:

(1)        associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli artt.36 e ss. del codice civile;

(2)         associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al DPR 10.02.2000 n.361;

(3)         società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro...”

Infine, si consideri che la Legge n.128/2004 ha fissato il principio per cui le norme sull’ordinamento interno devono essere ispirato a principi di “democraticità” e di “uguaglianza” dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell’elettività delle cariche sociali, “fatte salve però le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile”. Ciò attesta che il “principio di democraticità”, di cui una forma di manifestazione è rappresentata dalla “disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi”, non si applica all’interno delle società sportive di capitali, che (diversamente dal modello associativo tipico), hanno una struttura chiusa. Ciò, tuttavia non comporta esclusione dalle prerogative di legge che possano assicurare alle stesse società l’attribuzione dei benefici fiscali propri delle associazioni sportive.

2)     La costituzione di un’Associazione - Atto costitutivo e adempimenti relativi.

Per la costituzione di un’associazione occorre distinguere due  momenti: (1) la stipulazione dell’atto costitutivo, (2) il riconoscimento della personalità giuridica e la registrazione (se si tratta di associazione riconosciuta).

(1) L’atto costitutivo e lo statuto sono le fonti di diritto dell’associazione, con efficacia che si estende all’interno della vita dell’associazione [34] . Mentre le associazioni non riconosciute, ai fini civilistici, non devono rispettare alcuna forma particolare, ma si costituiscono con il semplice incontro di volontà degli associati (e perciò, anche verbalmente), le associazioni riconosciute devono: 1) costituirsi con atto pubblico; 2) chiedere ed ottenere il riconoscimento della personalità giuridica; 3) risultare di conseguenza iscritte negli appositi registri previsti dalla legge.

L’atto costitutivo deve contenere alcuni elementi essenziali ed altri accidentali fissati dall’art.16 c.c.

In particolare, sono elementi essenziali:

a)     la denominazione e la sede dell’ente;

b)     l’indicazione dello scopo;

c)     l’indicazione del patrimonio;

d)     le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione;

e)     i diritti e gli obblighi degli associati;

f)       le condizioni per la loro ammissione.

Sono, invece, elementi accidentali:

1)     le norme relative alla estinzione dell'ente;

2)     le norme relative alla devoluzione del patrimonio;

3)     le norme relative alla modificazione dell’atto costitutivo e dello statuto;

4)     la clausola che consenta la trasmissione della qualità di associato;

5)     la clausola che impone di far parte dell’associazione per un tempo determinato [35] .

(2) Dopo la costituzione dell’associazione, occorre procedere alla richiesta di riconoscimento della personalità giuridica.

La procedura per il riconoscimento della personalità giuridica è regolata dal D.P.R. 10.02.2000 n. 361 e si consegue con l’Iscrizione nel Registro delle persone giuridiche istituito presso l’ufficio Territoriale del Governo (già Prefettura) ovvero presso la Regione e la Provincia Autonoma (nei casi espressamente previsti dal DPR. N.361/2000) [36] .

A tal fine occorre presentare una domanda rivolta all’ufficio Territoriale del Governo nella cui Provincia è stabilita la sede dell’ente a cui deve essere allegato (oltre all’atto costitutivo ed allo statuto):

1)     La relazione illustrativa, in cinque copie, sull’attività concretamente svolta e/o su quella che l’Ente intende perseguire, debitamente sottoscritta dal presidente dell’Ente;

2)     La relazione, in cinque copie, sulla situazione economico-finanziaria, sottoscritta dal legale rappresentante, corredata da idonea documentazione circa la destinazione, la consistenza e il valore degli immobili (perizia giurata di parte, che dovrà essere avvalorata dal parere di congruità dell’Ufficio Tecnico Erariale territorialmente competente) e dei beni patrimoniali mobiliari (attestazione bancaria);

3)     I bilanci preventivi e conti consuntivi approvati nell’ultimo triennio o nel periodo antecedente la presentazione della domanda, qualora l’Ente abbia già operato come Ente non riconosciuto (in duplice copia);

4)     L’elenco dei componenti gli organi direttivi dell’Ente, sottoscritto dal presidente, con indicazione del numero dei sodali (in duplice copia).

La verifica in ordine alla possibilità di ottenere il riconoscimento si basa essenzialmente su tre elementi:

a)     la regolare costituzione dell’ente secondo le disposizioni di legge;

b)     la possibilità e liceità dello scopo dell’ente;

c)     la consistenza patrimoniale e la sua congruità e adeguatezza rispetto allo scopo istituzionale [37] .

Al termine della verifica l’Ufficio provvede all’iscrizione nel registro delle Persone Giuridiche [38] , ovvero – nel caso in cui sussistano ragioni ostative a tale iscrizione – chiede, motivandole, le opportune integrazioni [39] .

3)     Lo statuto di un’Associazione sportiva dilettantistica – Particolarità.

Per la costituzione di un’associazione sportiva dilettantistica, oltre alle norme del codice civile, occorre fare riferimento alle particolari disposizioni tributarie.

Rilevano, in particolare:

1)     La legge 16 dicembre 1991 n.398;

2)     l’art.5 del D.Lgs. 4.12.1997 n.460;

3)     l’art.90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (modificato dalla legge n.128/2004 [40] ).

Sulla base di tale normativa, le associazioni sportive, che vogliano usufruire dei particolari benefici previsti dalla legislazione fiscale, devono rispettare i seguenti canoni:

(1)    la forma giuridica delle associazioni sportive dilettantistiche, può essere quella dell’associazione non riconosciuta di cui agli artt.36 e ss. del codice civile ovvero dell’associazione riconosciuta (oltre che della società sportiva di capitali e della cooperativa);

(2)    la denominazione sociale deve indicare la finalità sportiva dilettantistica e la ragione ovvero denominazione sociale dilettantistica;

(3)    la denominazione sociale deve essere utilizzata in tutti i segni distintivi o/e comunicazioni rivolte al pubblico;

(4)    l’affiliazione alle Federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni ovvero agli enti nazionali di promozione sportiva e l’iscrizione nel registro nazionale del Coni

(5)    l’attività sportiva deve essere esercitata in forma dilettantistica;

(6)    l’ente deve aver conseguito (nel periodo di imposta precedente) proventi commerciali per importi non superiori a determinati limiti stabiliti dalla legge [41] ;

(7)    lo statuto e l’atto costitutivo dell’ente deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata e deve contenere alcune clausole obbligatorie di cui all’art.148 comma 8 del D.P.R. 22.12.1986 n.917 (T.U.I.R.) e cioè la previsione:

  • della sede legale;
  • della denominazione;
  • dell'oggetto sociale con riferimento all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica;
  • dell'attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione;
  • dell'assenza di fini di lucro;
  • del divieto di distribuire tra gli associati, anche in forme indirette, i proventi conseguiti;
  • del rispetto del principio di democrazia interna e di uguaglianza tra tutti gli associati;
  • dell’elettività delle cariche sociali;
  • dell’obbligo di rendiconti economico-finanziari;
  • dell’obbligo di indicare le modalità di approvazione dei rendiconti economico-finanziari da parte degli organi statutari;
  • dell’obbligo di indicare le modalità di scioglimento dell’associazione;
  • della devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento dell’associazione.

 


Riferimenti normativi

Legge del 27 dicembre 2002, n. 289 (S.O. n. 240 Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2002) - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)

TITOLO III Disposizioni in materia di spesa - CAPO VI Altri interventi

Articolo 90 - Disposizioni per l'attività sportiva dilettantistica

IVA - IRPEG - ILOR - DISPOSIZIONI PER L'ATTIVITA' SPORTIVA DILETTANTISTICA

Testo in vigore dal 1 gennaio 2005

1. Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro.

2. A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'importo fissato dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, come sostituito dall'articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e successive modificazioni, è elevato a 250.000 euro.

3. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 81, comma 1, lettera m), è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

"Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche. ";

b) all'articolo 83, comma 2, le parole:

"a lire 10.000.000" sono sostituite dalle seguenti: "a 7.500 euro".

4. Il CONI, le Federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI non sono obbligati ad operare la ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto sui contributi erogati alle società e associazioni sportive dilettantistiche, stabilita dall'articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

5. Gli atti costitutivi e di trasformazione delle società e associazioni sportive dilettantistiche, nonché delle Federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo svolgimento dell'attività sportiva, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa.

6. Al n. 27 bis della tabella di cui all'allegato B annesso al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e dalle federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI".

7. All'articolo 13 bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, dopo le parole: "organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) " sono inserite le seguenti: "e le società e associazioni sportive dilettantistiche".

8. Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

9. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13 bis, comma 1, la lettera i ter) è sostituita dalla seguente:

"i ter) le erogazioni liberali in denaro per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 1.500 euro, in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400";

b) all'articolo 65, comma 2, la lettera c octies) è abrogata.

10. All'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, le parole: "delle indennità e dei rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del citato testo unico delle imposte sui redditi" sono soppresse.

11. All'articolo 111 bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "ed alle associazioni sportive dilettantistiche".

11 bis. Per i soggetti di cui al comma 1 la pubblicità, in qualunque modo realizzata negli impianti utilizzati per manifestazioni sportive dilettantistiche con capienza inferiore ai tremila posti, è da considerarsi, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, in rapporto di occasionalità rispetto all'evento sportivo direttamente organizzato. (4)

12. Presso l'Istituto per il credito sportivo è istituito il Fondo di garanzia per la fornitura di garanzia sussidiaria a quella ipotecaria per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree da parte di società o associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica.

13. Il Fondo è disciplinato con apposito regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio nazionale del CONI. Il regolamento disciplina, in particolare, le forme di intervento del Fondo in relazione all'entità del finanziamento e al tipo di impianto.

14. Il Fondo è gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo.

15. La garanzia prestata dal Fondo è di natura sussidiaria, si esplica nei limiti e con le modalità stabiliti dal regolamento di cui al comma 13 e opera entro i limiti delle disponibilità del Fondo.

16. La dotazione finanziaria del Fondo è costituita dall'importo annuale acquisito dal fondo speciale di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive modificazioni, dei premi riservati al CONI a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, colpiti da decadenza.

17. Le società e associazioni sportive dilettantistiche devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti forme:

a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile;

b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361;

c) società sportiva di capitali o cooperativa costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro. (1)

18. Le società e le associazioni sportive dilettantistiche si costituiscono con atto scritto nel quale deve tra l'altro essere indicata la sede legale. Nello statuto devono essere espressamente previsti:

a) la denominazione;

b) l'oggetto sociale con riferimento all'organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica;

c) 1' attribuzione della rappresentanza legale dell'associazione;

d) l'assenza di finì di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli, associati, anche in forme indirette;

e) le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione dell'elettività delle cariche sociali, fatte salve le società sportive dilettantistiche che assumono la forma di società di capitali o cooperative per le quali si applicano le disposizioni del codice civile;

f) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione degli stessi da parte degli organi statutari;

g) le modalità di scioglimento dell'associazione;

h) l'obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso dì scioglimento delle società e delle associazioni. (2)

18 bis. E' fatto divieto agli amministratori delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell'ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciute dal CONI, ovvero nell'ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva. (2)

18 ter. Le società e le associazioni sportive dilettantistiche che, alla data di entrata in vigore della presente legge, sono in possesso dei requisiti di cui al comma 18, possono provvedere all'integrazione della denominazione sociale di cui al comma 17 attraverso verbale della determinazione assunta in tale senso dall'assemblea dei soci. (2)

19. Sono fatte salve le disposizioni relative ai gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 31 marzo 2000, n. 78, firmatari di apposite convenzioni con il CONI.

[20. Presso il CONI è istituito, anche in forma telematica e senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, il registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche distinto nelle seguenti tre sezioni:

a) associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica;

b) associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica;

c) società sportive dilettantistiche costituite nella forma di società di capitali.] (3)

[21. Le modalità di tenuta del registro di cui al comma 20, nonché le procedure di verifica, la notifica delle variazioni dei dati e l'eventuale cancellazione sono disciplinate da apposita delibera del Consiglio nazionale del CONI, che è trasmessa al Ministero vigilante ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1992, n. 138.] (3)

[22. Per accedere ai contributi pubblici di qualsiasi natura, le società e le associazioni sportive dilettantistiche devono dimostrare l'avvenuta iscrizione nel registro di cui al comma 20.] (3)

23. I dipendenti pubblici possono prestare la propria attività, nell'ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche, fuori dall'orario di lavoro, purché a titolo gratuito e fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. Ai medesimi soggetti possono essere riconosciuti esclusivamente le indennità e i rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

24. L'uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive.

25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 29 della presente legge, nei casi in cui l'ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d'uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l'individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento.

26. Le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell'attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l'istituto scolastico o in comuni confinanti.

_______________________________________________________________________________

(1) La presente lettera è stata così modificata dall'art. 4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come modificato dall'allegato alla L. 21.05.2004, n. 128, con decorrenza dal 23.05.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

"c) società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro."

(2) Il presente comma ha così sostituito l'originario comma 18, in virtù dell'art. 4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come modificato dall'allegato alla L. 21.05.2004, n. 128, con decorrenza dal 23.05.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

" 18. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento generale e dell'ordinamento sportivo, secondo i seguenti principi generali, sono individuati:

a) i contenuti dello statuto e dell'atto costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, con particolare riferimento a:

1) assenza di fini di lucro;

2) rispetto del principio di democrazia interna;

3) organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica per l'avvio, l'aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive;

4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell'ambito della medesima disciplina;

5) gratuità degli incarichi degli amministratori;

6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni;

7) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali o dell'ente di promozione sportiva cui la società o l'associazione intende affiliarsi;

b) le modalità di approvazione dello statuto, di riconoscimento ai fini sportivi e di affiliazione ad una o più Federazioni sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o a uno degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, anche su base regionale;

c) i provvedimenti da adottare in caso di irregolare funzionamento o di gravi irregolarità di gestione o di gravi infrazioni all'ordinamento sportivo. "

(3) Il presente comma è stato abrogato dall'art. 4, D.L. 22.03.2004, n. 72, come modificato dall'allegato alla L. 21.05.2004, n. 128, con decorrenza dal 23.05.2004.

(4) Il presente comma è stato inserito dall'art. 1, comma 470, L. 30.12.2004, n. 311, con decorrenza dal 01.01.2005.

 

Decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (in S.O. n. 1 Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 1986) – Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.

TITOLO II - Imposta sul reddito delle società - Capo I - Soggetti passivi e disposizioni generali

Articolo 73 - Soggetti passivi

IRES - SOGGETTI PASSIVI

Testo in vigore dal 1 gennaio 2004

1. Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società:

a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'articolo 5 .

3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.

4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

5. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. (1) (2) (3) (4)

_______________________________________________________________________________

(1) Il presente articolo, già art. 87, è stato così rinumerato in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004.

(2) Il presente articolo prima modificato dall'art. 1, D.Lgs. 04.12.1997, n. 460, è stato, poi, così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

" 1. Sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche:

a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;

b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

c) gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.

2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lett. b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifica in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lett. d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'art. 5 .

3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato.

4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

4 bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. "

(3) La rubrica del titolo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

"TITOLO II - Imposta sul reddito delle persone giuridiche".

(4) La rubrica del capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

"Capo I - Disposizioni generali".

 

Decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (S.O. n. 1 Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 1986) -  Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.

TITOLO II - Imposta sul reddito delle società - Capo III - Enti non commerciali residenti

Articolo 148 - Enti di tipo associativo

IRES - ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO

Testo in vigore dal 1 gennaio 2004

1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.

3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività:

a) gestione di spacci aziendali e di mense;

b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;

c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;

d) pubblicità commerciale;

e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

5. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.

6. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 5 non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreché sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.

7. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione.

8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 5, 6 e 7 si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:

a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

9. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 8 non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. (1) (2) (3) (4)

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(1) Il presente articolo, già art. 111, è stato così rinumerato in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004.

(2) Il presente articolo prima modificato dall'art. 14, L. 24.12.1993, n. 537, poi dall'art. 5, D.Lgs. 4.12.1997, n. 460, poi dall'art. 5, D.Lgs. 19.11.1998, n. 422, è stato, poi, così sostituito dall'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

" 1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.

2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'art. 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componente del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.

3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: a) gestione di spacci aziendali e di mense; b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) pubblicità commerciale; e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

4 bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempre che le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.

4 ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 4- bis non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempre che sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3.

4 quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione.

4 quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4 bis, 4 ter e 4 quater si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:

a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge;

b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1 gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempre che le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

4 sexies. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 4 quinquies non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. "

(3) La rubrica del titolo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

"TITOLO II - Imposta sul reddito delle persone giuridiche".

(4) La rubrica del capo cui il presente articolo appartiene è stata così modificata in virtù dell'art. 1, D.Lgs. 12.12.2003, n. 344, con decorrenza dal 01.01.2004. Si riporta di seguito il testo previgente:

"Capo III - Enti non commerciali".